Parkinson Notizie

Ultimo aggiornamento (21 Agosto 2012)
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Agosto 2012

 

MANUALE DI AUTORIABILITAZIONE A DOMICILIO DEL PARKINSON
2012 - III Edizione

 

 

Aprile 2012

La Stimolazione Plantare Meccanica è una innovativa terapia di riabilitazione per pazienti con Parkinson che, nei soggetti che rispondono positivamente, può portare un sensibile  miglioramento nella qualità di vita permettendo di migliorare le capacità motorie e l’autonomia nell’esecuzione di molte attività personali quotidiane.

(da http://www.terapiafms.com/)

 

Foot Mechanical Stimulation

 

 

 

Marzo 2012

 

Dal 12 al 18 marzo

La Settimana Mondiale del Cervello
per conoscere e capire la Neurologia

Il tema di questa edizione è "Mens sana in corpore sano"

(continua...)

 

 

Marzo 2012

 

 

L’ESERCIZIO FISICO VIRTUALE PREVIENE LA DEMENZA


 

 

Ma solo il 14% degli adulti tra 65-74 anni, e solo il 7% di quelli oltre

i 75 anni fa regolarmente attivita' fisica.


Nello studio 101 volontari di 58-99 anni sono stati esaminati e 79
partecipanti hanno completato le valutazioni iniziali. I soggetti sono
stati assegnati a gruppi di ciclette identiche, tranne per un particolare:

in alcuni casi il mezzo era dotato di un display di realta' virtuale.

I partecipanti all'allenamento virtuale hanno eseguito tour 3D e

gareggiato contro un "Ghost Rider", un avatar su due ruote rivale.

In tutto in 63 hanno completato lo studio.

I test condotti prima, durante

e dopo lo studio hanno rivelato benefici cognitivi significativamente

maggiori per i cyberpiloti, spiegano gli studiosi.

E questo perche', spiegano, il fatto di fare attivita' fisica immersi nella

realta' virtuale richiede un'attivita' mentale maggiore.


"L'implicazione del nostro studio e' che gli anziani che scelgono un
exergaming interattivo possono giovare di un ulteriore vantaggio
cognitivo, rispetto al solo esercizio fisico", conclude Anderson-Hanley,

evidenziando la necessita' di ulteriori ricerche.


A promuovere gli 'exergame' come Wii-fit, che uniscono esercizio

fisico e simulazioni al computer, e' un nuovo studio pubblicato nel

numero di febbraio del Journal of Preventive Medicine.

"Abbiamo scoperto che per gli anziani un esercizio interattivo

potenziato dalla realta' virtuale, ovvero il cyberciclismo, due o tre

volte a settimana per 3 mesi, ha dato un maggiore beneficio

cognitivo rispetto a quello 'classico'.

Inoltre l'allenamento" high-tech "sembra aver fornito una maggiore

protezione contro il decadimento cognitivo lieve, rispetto a sessioni

simili di attivita' fisica reale", spiega Cay Anderson-Hanley dell'Union

College di Schenectady (Usa).

La ricerca dimostra che l'esercizio fisico puo' prevenire o ritardare la

demenza e migliorare le funzioni cognitive nella terza eta'.

 

 

 

 

 

Febbraio 2012

 

 

 

 

 

Enzo Simone L'organizzatore di "10 Mountains 10 Years" (leggi la sua lettera)





 

 

 

 

 

 

 

 

Gennaio 2012

 

L'azienda produttrice di CVT-301, una formulazione di levodopa da somministrare per via inalatoria, ha annunciato di avere completato con successo la prima sperimentazione nell'uomo. Lo scopo dello studio era la dimostrazione della sicurezza del preparato e che il farmaco effettivamente raggiunge la circolazione sanguigna attraverso i polmoni. I dati scientifici non sono ancora stati presentati alla classe medica.

Il preparato è una polvere fine che viene somministrato tramite un piccolo inalatore di plastica che somiglia a quelli usati dagli asmatici. L'erogatore emette sempre la stessa dose di levodopa indipendemente da come il paziente inala. L'azienda, che riceve fondi dalla Fondazione dell'attore Michael HJ Fox, pensa di poter presentare la domanda di autorizzazione alla immissione in commercio alle autorità regolatorie nel 2015.

 

Gennaio 2012


 

Intervista al Professor Alberto Priori,

Docente di Neurologia dell’Università degli Studi di Milano e

Direttore del Centro di Neurotecnologie, Neurostimolazione e Disordini del Movimento della Fondazione IRCCS Cà Granda Policlinico di Milano


JH: Buongiorno professor Priori. Innanzitutto, una breve presentazione della Sua persona. So che Lei si è laureato in medicina, si è specializzato in neurologia ed ha conseguito un dottorato di ricerca all'Università "La Sapienza" a Roma, e poi si è trasferito all'Università Statale di Milano, dove ha fondato il centro di Neurotecnologie, Neurostimolazione e disordini del Movimento presso il Policlinico di Milano. Come mai il trasferimento?


AP: Il direttore dell’Istituto di Neurologia di allora, il Prof. Scarlato, cercava un ricercatore con esperienza di neurofisiologia e disordini del movimento anche al fine di avviare una tecnica che allora era agli inizi, la stimolazione cerebrale profonda, detta DBS dall’inglese "Deep Brain Stimulation". Il centro del Policlinico è stato uno dei primi in Italia ad eseguire impianti di elettrodi per DBS in pazienti affetti da malattia di Parkinson.


JH: Mi risulta che dopo un periodo di grande entusiasmo, oggi, alla luce dei risultati a lungo termine, il ruolo della DBS nel Parkinson è stato ridimensionato. Concorda con questo giudizio?


AP: Uno dei problemi è che la stimolazione è "fissa": mentre la gravità dei sintomi fluttua rapidamente anche a distanza di pochi minuti, la stimolazione non si adatta a queste variazioni. E' intuitivo che le esigenze del malato sono diverse mentre sta svolgendo un’attività complessa come vestirsi o sta seduto tranquillo a leggere un libro e i pacemaker attuali che si usano per la DBS non tengono conto di queste variazioni. Io ed i miei collaboratori nel 2004 iniziammo a pensare che una possibile soluzione a questo problema sarebbe potuta essere mettere a punto un pacemaker (traduzione = segnapassi) che potesse leggere l’attività elettrica dei neuroni stimolati, interpretare le esigenze del momento e modulare la neurostimolazione in base a queste ultime. Tuttavia, allora l’idea fu accolta con freddezza dalla comunità scientifica.


JH: Come ha fatto a portare avanti la sua idea?


AP: I "guru" non hanno fatto desistere me ed i miei collaboratori; abbiamo creduto nell'idea e abbiamo proseguito nel lavoro di ricerca, cercando di comprendere le alterazioni neurofisiologiche nei gangli della base dei pazienti affetti da malattia di Parkinson progettando e sviluppando un sistema che ci permettesse di registrare e stimolare allo stesso tempo, dallo stesso punto del cervello. La messa a punto di questo dispositivo — che oggi è usato anche da altri laboratori con la certificazione di dispositivo elettomedicale — ha richiesto circa 18 mesi di lavoro ed è stato il primo importante passo verso lo sviluppo della tecnica di stimolazione adattativa. Dopo questo primo avanzamento ci siamo ancora più convinti della fattibilità del progetto che, a quel punto necessitava del passo successivo ovvero dello sviluppo del sistema di regolazione automatica, ovvero del modulo "adattativo".


JH: In che cosa consiste questo pacemaker "adattativo"?


AP: Il pacemaker adattativo si basa sulla regolazione automatica della stimolazione momento per momento in base all’attività dei neuroni stimolati. Per fare alcuni esempi basati sulla vita quotidiana, lo scaldabagno in casa monitora la temperatura dell’acqua e si spegne quando l’acqua raggiunge la temperatura desiderata. Ebbene, allo stesso modo qui il pacemaker "adattativo" monitora l'attività elettrica delle cellule nervose coinvolte e aumenta o riduce la stimolazione a seconda delle esigenze. Il fenomeno, però, è più complesso dello scaldabagno perché non si tratta solo di accendersi e spegnersi, ma di modulare l'attività. Inoltre, la stimolazione evolverà con il paziente, per cui la stimolazione potrà essere adattata man mano che progredisce la malattia. La differenza è come tra l'abito preconfezionato che si compra ai grandi magazzini ed un abito di sartoria. Se si cambia un po' forma, l'abito preconfezionato non va più bene, mentre un abito di sartoria, che è confezionato su misura, può essere modificato dal sarto nel tempo, perché ha già previsto la possibilità di variazioni.


JH: Quali prove avete che funziona veramente?


AP: Il primo elemento del sistema, ovvero il modulo che consente di registrare l'attività neuronale e di stimolare allo stesso tempo, già funziona in vivo nel paziente e ci consente di decodificare le alterazioni dei gangli della base nel Parkinson e come esse sono influenzate dalla stimolazione. Il modulo di retroazione è in fase di messa a punto e sono in corso le procedure per ottenere la certificazione e la successiva autorizzazione per passare all’impiego clinico sperimentale.

JH: Ci sono altri vantaggi teorici? Per esempio, so che molti pazienti trattati con DBS hanno problemi con il linguaggio. E' possibile che questo pacemaker risolva questo problema?


AP: Forse solo in alcuni casi. Infatti, spesso il problema del linguaggio è dovuto al posizionamento degli elettrodi e non alla stimolazione. Un altro vantaggio è la riduzione della necessità di controlli e di messa a punto della stimolazione, che risulterà in un risparmio di risorse per il Servizio Sanitario Nazionale.


JH: Ci sono potenziali svantaggi?


AP: No, il dispositivo avrà tutte le protezioni contro i possibili malfunzionamenti elettronici analogamente ai dispositivi di vecchia generazione attualmente in uso. Il rischio chirurgico sarà equivalente a quello della DBS tradizionale.


JH: L’intervento per DBS cambia in qualche modo?


AP: No, rimane lo stesso. Cambierà solo lo stimolatore che si impianta sotto la pelle vicino alla clavicola. Verrà messo il pacemaker adattativo invece di quello standard.


JH: So che avete già il brevetto del pacemaker in Italia, in Europa e negli USA. Ma a che punto è l'autorizzazione all'uso in clinica?


AP: Sono in corso le procedure per l'autorizzazione all'inizio della fase di sperimentazione clinica con un dispositivo prototipo esterno. Sulla base del prototipo esterno si potrà poi sviluppare un dispositivo miniaturizzato impiantabile.

JH: Ho capito. Allora starete già pensando a reclutare pazienti. Pensate di includere pazienti ancora da impiantare oppure anche quelli già impiantati con un pacemaker vecchio?


AP: Inizialmente saranno reclutati pazienti non impiantati. Successivamente potranno essere inclusi anche pazienti già impiantati quando devono cambiare la batteria.


JH: Quanto tempo ci vorrà per completare gli studi clinici?


AP: Difficile dare una stima esatta in questa fase ma, direi, non molto.


JH: Grazie a Lei per il tempo che mi ha dedicato.

 

 

 

Dicembre 2011


 

Giornata Nazionale Parkinson  
26 Novembre 2011
IL CONVEGNO DELLA TARTARUGA

La sintesi degli interventi degli specialisti

 

 

Novembre 2011

 

 

L'esperienza del Cardinal Martini: "pensare positivo"


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E’ nota l'importanza del “pensare positivo” in tutti gli aspetti della vita e in particolare in tutte quelle forme di stanchezza, di apatia o di demotivazione che possono arrivare anche a stati d’animo di depressione o di “umor nero”.

Ciò si verifica in particolare in tutte quelle forme di malattie che creano impacci nel vivere quotidiano e tendono a far perdere il coraggio nell’agire.
E’ ciò che può succedere anche ai malati di Parkinson.
Ho quindi ritenuto importante per me, da quando ho verificato i sintomi di questa malattia, cercare di attivare le difese contro simili insorgenze, per non lasciarsi cogliere impreparati, e per potere anche, per così dire, passare al contrattacco.

Fasi OFF: un morso interiore

Le fasi “off” vengono descritte come momenti caratterizzati da tristezza, pesantezza, inquietudine e nervosismo, derivanti anche da ragionamenti falsi o capziosi. Par di sentire come un morso interiore, di cui non ci si sa dare ragione, come un qualcosa che blocca, causa scoraggiamento e impedisce di andare avanti, come un invito a piantar lì tutto e a lasciar perdere un po’ tutto.

 

Fasi ON: forza e coraggio

Quello che oggi chiamiamo “pensiero positivo” o “ fase on” viene descritto come “dare coraggio e forza, consolazione pace, rendere facili le cose complesse, rimuovere gli ostacoli, perché si vada avanti nell'esercizio del bene”. E’ quindi uno stato d’animo, un “tono” della coscienza in cui predominano letizia e ottimismo, speranza e voglia di fare.

La mia piccola esperienza in questo campo mi ha mostrato come possa essere importante in questo contesto anche l’uso della musica. Ciò vale in particolare per i malati di Parkinson.

Per essi è molto importante muoversi e in special modo camminare a tempo e ritmo di musica. Tralasciando quindi altre indicazioni vorrei descrivere brevemente ciò che mi ha aiutato.

Ho provato musiche di vari autori, ma alla fine ho concluso che la musica di Mozart è quella che maggiormente aiuta. Mozart infatti esprime mirabilmente, con brillantezza ed energia, la letizia del cuore umano e stimola a superare le fatiche, i blocchi, le difficoltà a muoversi. In particolare quando è necessario camminare, fare esercizio di deambulazione, la musica di Mozart aiuta a marciare a passo di musica e a superare tutte le remore e le difficoltà che tendono a bloccare o ad appesantire la marcia.

Talora mi capita anche di muovermi nella mia camera, sotto l’influsso della musica, come a passo di danza e di mettere così con più facilità in ordine le cose o preparare il materiale per lo studio.
Ho fatto l‘esperienza che è importante non soltanto sentire la musica che risuona nell’ambiente. Essa deve arrivare alle orecchie attraverso auricolari di vario tipo ed essere tenuta a livello un po’ alto. Infatti il suono che arriva in qualche modo al cervello stimola maggiormente il movimento e dà quel ritmo che invita a muoversi speditamente.

Personalmente ciascuno potrà esercitarsi con diversi tipi di musica, e alla fine ciascuno sceglierà quella che trova più utile. Ma ritengo che in ogni caso la musica di Mozart costituisca un tesoro quasi inesauribile per chi voglia lasciarsi guidare e sostenere dal ritmo e dalla melodia e così dare vigore al suo agire.
In essa chi voglia esercitarsi nel “pensare positivo” trova un aiuto concreto e discreto, che non suggerisce pensieri già precostituiti ma stimola la fantasia e il tono affettivo a entrare in una condizione ottimale per agire con impegno e superare le remore e i blocchi nell’azione.

 

Ottobre 2011

 

L'EPDA sta preparando un evento storico
Da: EPDAPLUS Autunno 2011 - num. 17
Di Dominic Graham
(www.epda.eu.com)


Per la prima volta in assoluto, l’EPDA incontrerà formalmente i parlamentari europei nel Parlamento Europeo per discutere sulla promozione del Parkinson nell’arena politica europea.
L’evento, accompagnato da un pranzo, intitolato ‘Malattie croniche in una popolazione che invecchia – focus sul morbo di Parkinson’, è previsto per il 22 novembre e vedrà anche la presentazione della Dichiarazione di Consenso sugli Standard Assistenziali Europei per il Parkinson dell’EPDA davanti
ai parlamentari europei. Insieme alla dichiarazione di consenso – che definisce categoricamente
quale dovrebbe essere la gestione ottimale del Parkinson – l’EPDA presenterà anche i dati a sostegno
derivanti dalla prima parte della sua campagna online Move for Change, i quali saranno pubblicati
nello European Journal of Neurologya settembre.
In occasione dell’evento, Jo Collinge e Branko Šmid rappresenteranno le persone con Parkinson (PCP) europee, e saranno supportati dai membri principali del consiglio dell’EPDA e di altre organizzazioni affiliate.
Le parlamentari Linda McAvan e Frieda Brepoels, particolarmente interessate ai disturbi del cervello e ai diritti umani, rispettivamente, presenteranno l’evento, mentre l’ex parlamentare e patrocinatore dell’EPDA John Bowis (OBE) ne sarà il moderatore, il tutto in presenza di un rappresentante della Commissione Europea.
Altri gruppi ombrello europei, tra i quali la European Federation of Neurological Associations (EFNA), lo European Brain Council (EBC) e lo European Patients’ Forum (EPF), parteciperanno anch’essi all’evento insieme con il celebre neurologo specializzato nel Parkinson, Prof. Bastiaan Bloem del Radboud University Nijmegan Medical Center nei Paesi Bassi.
L’evento sarà suddiviso in una serie di presentazioni e tavole rotonde e alcuni degli argomenti all’ordine del giorno comprendono:
- le conseguenze del Parkinson in Europa e l’impatto dello stesso su una popolazione sempre più anziana
- le prove del fatto che in Europa il trattamento e la gestione del Parkinson non raggiungono pienamente il loro scopo
- l’impatto del Parkinson sulla qualità della vita delle PCP e su quella di coloro che li assistono
- perché un trattamento precoce e appropriato è fondamentale per migliorare la qualità della vita
- perché ogni PCP in Europa dovrebbe poter accedere a cure e assistenza medica di elevata qualità
- una definizione di best practice nella cura del Parkinson – usando come esempio il lavoro
svolto nei Paesi Bassi – e come la dichiarazione di consenso dell’EPDA possa aiutare a colmare il divario attualmente esistente in quest’area.
“Si tratta di un passo avanti estremamente eccitante per gli 1,2 milioni di PCP in Europa e le loro famiglie,” osserva il presidente dell’EPDA Knut-Johan Onarheim. “Grazie all’incontro con questi parlamentari europei di alto profilo abbiamo una concreta opportunità per promuovere finalmente il Parkinson nell’arena politica europea.
“L’EPDA ha iniziato le sue attività nell’arena politica all’inizio dell’anno, e pertanto siamo felici di quanto ottenuto in un tempo così breve.
Abbiamo una precisa strategia quinquennale e, grazie allo straordinario supporto dei nostri partner – tra i quali il Parkinson’s Disease Think Tank – siamo fiduciosi del suo successo.
Insieme, stiamo cercando di garantire che ogni persona riceva il giusto trattamento al momento
giusto. E non potrebbe esserci momento migliore per inserire questi messaggi sul Parkinson nell’agenda politica europea.”

 

 

Ottobre 2011

 

I benefici della riabilitazione intensiva a lungo termine nel Parkinson

Stabilizzazione della funzione motoria e riduzione della dose di levodopa richiesta. Una ricerca condotta dal gruppo guidato dal dottor Giuseppe Frazzitta


Ricercatori italiani presso l'Istituto Riabilitazione di Montescano (Pavia) hanno suddiviso 50 pazienti parkinsoniani in due gruppi di 25 pazienti, uno ricoverato per essere sottoposto ad un speciale programma riabilitativo intensivo per 4 settimane, che prevedeva speciali esercizi per l'equilibrio su una pedana stabilometrica ed esercizi sul tappetto ruotante, l'altro di controllo, trattato solo farmacologicamente.  A tutte e due è stato raccomandato di fare esercizi a casa dopo il ricovero e di fare passeggiate per almeno mezz'ora al giorno. Ai pazienti sottoposti a riabilitazione veniva consigliato di continuare a fare gli esercizi che avevano imparato durante il ricovero.

Dopo un anno è stato rilevato che la funzione motoria, espressa come punteggio UPDRS, nei pazienti sottoposti alla riabilitazione intensiva era simile all'anno precedente (prima della riabilitazione in media il punteggio UPDRS era 40, dopo la riabilitazione era scesa a 28, dopo un anno era ritornata a 41) mentre i pazienti trattati solo farmacologicamente presentavano un peggioramento (un anno prima mediamente 40, dopo un anno 49  p= 0.0001).  Un secondo ricovero per riabilitazione ha apportato gli stessi benefici del primo (riduzione del punteggio UPDRS medio da 41 a 31).

Nel corso dell'anno tra un ricovero e l'altro la dose giornaliera di levodopa richiesta è diminuita mediamente di 52 mg nel gruppo sottoposto a riabilitazione, mentre è aumentato mediamente di 30 mg nel gruppo trattato solo farmacologicamente (p=0.04).

 

 

Settembre 2011

 

Musicoterapia e teatroterapia migliorano le componenti fisiche ed emotive del Parkinson


Il programma “Arti Creative per il Parkinson” è guidato da terapisti appositamente addestrati in musica e teatro presso l’Istituto per la terapia attraverso le Arti (ITA). I partecipanti sono invitati a raggiungere in profondità le loro emozioni e a spingere se stessi fisicamente per ottenere i benefici terapeutici che riguardano sia i sintomi della malattia e il suo fardello psicologico.

“La cura del paziente è molto più di una semplice medicina: è la cura per tutta la persona”, ha detto Tanya Simuni, MD, un neurologo presso il Northwestern Memorial Hospital e direttore del Centro malattia di Parkinson e disturbi del Movimento. Simuni è anche professore associato di neurologia presso la Northwestern University Feinberg School of Medicine. “Fornendo musica e teatro terapia, speriamo di aiutare questi pazienti a trovare nuovi mezzi di appagamento nelle loro vite, e anche di affrontare alcune delle componenti fisiche della loro malattia”.

Musicoterapia e teatroterapia affrontano molte delle componenti fisiche ed emotive della malattia di Parkinson. I vantaggi includono il miglioramento della coordinazione fisica e del movimento funzionale, la consapevolezza posturale, così come il linguaggio e l’arricchimento della voce.

“Nella parte musicale, i pazienti stanno imparando il concetto del ritmo che li aiuta a migliorare la loro andatura e movimento”, ha spiegato Breslow. “Leggere gli script durante la parte di teatro aumenta il recupero della parola e dell’articolazione, mentre la voce si esercita in entrambe le parti.”

Durante una seduta, il gruppo legge una scena del film premio Oscar “Il discorso del Re”. Uno degli uomini nel gruppo riconosce le somiglianze tra l’esperienza del protagonista e la sua. Racconta al gruppo che al momento della prima diagnosi, si sarebbe messo a parlare piano e a camminare a piccoli passi, in previsione dell’eventualità che la malattia avrebbe limitato queste capacità. Dopo questa rivelazione, ha proposto una sfida al gruppo: “Facciamo un nostro obiettivo quello di usare la nostra voce forte e di fare in modo che possiamo essere ascoltati. Abbiamo bisogno che le nostra voci siano forti.”

 

 

Agosto 2011

 

Parkinson: balla che ti passa, lo dice la scienza!


Noi lo abbiamo sempre saputo che ballare è un toccasana, soprattutto per le persone con Parkinson e sono tante le iniziative di danzaterapia, biodanza, cantoterapia e musicoterapia che le nostre associazioni hanno messo e mettono in atto, perché la pratica ci ha dimostrato quanto sia efficace per il fisico, per la mente, per la vita sociale e per contrastare la malattia. .

Ora, uno studio specifico, che dà risultati incoraggianti anche da un punto di vista scientifico, è stato fatto dai ricercatori della Washington University e dell’Albert Einstein College of Medicine di New York che sono giunti alle nostre stesse conclusioni, stilando un lungo elenco dei benefici della danza, dal miglioramento del controllo muscolare al rafforzamento dell’elasticità delle articolazioni, fino appunto alla capacità di ritardare i sintomi della malattia di Parkinson.

Gli studiosi sono partiti dall’assunto, già dimostrato da precedenti studi, che danzare faccia bene alla salute, cercando poi di capire se questa pratica abbia o no un effetto positivo sul cervello. Al termine di vari esperimenti, hanno dimostrato che tutti i pazienti manifestavano un miglioramento nella “Unified Parkinson’s Disease Rating Scale Motor”, il punteggio che valuta l’andamento della malattia in relazione al movimento. Secondo i ricercatori, mantenendo elastico e attivo il cervello si può aumentare o tenere costante il numero di connessioni tra i neuroni e quindi conservare una certa ricchezza cognitiva, a dispetto dell’età e delle demenze.

La malattia di Parkinson – spiega il professor Nereo Bresolin, direttore del Dipartimento di Scienze Neurologiche dell’università degli Studi di Milano – è una patologia che porta alla bradicinesia, ovvero a disturbi dell’equilibrio, tremore e ipertono ‘plastico’. La tendenza dei pazienti è quindi quella di ridurre il movimento e di isolarsi dall’attività sociale. La musica in genere, dal teatro al ballo, coinvolge sistemi forti emozionali e automatismi psicologici legati a ricordi musicali e affettivi, soprattutto se il paziente era già propenso ad andare a ballare. Tutto ciò fa sì che si antagonizzino alcuni dei sintomi parkinsoniani: considerando che i due sistemi motori sono, nell’uomo, quello ‘piramidale’, o volontario, e quello ‘extrapiramidale’, o involontario, possiamo dire che l’intenzione al movimento crea una prevalenza del primo, facendo (transitoriamente) scomparire o ridurre la funzione patologica dell’extrapiramidale“.

Gli istituti di ricerca più importanti del mondo stanno cercando di capire fino a che punto questa ‘terapia’ sia efficace e in Gran Bretagna – già nel 2008 – è stato anche creato un centro ad hoc, il Dance Psychology Lab dell’università inglese dell’Hertfordshire, che l’estate scorsa è riuscito nell’impresa di scrivere, produrre e portare in scena all’Edinburgh Festival Fringe il musical ‘scientifico’ Dance, Doctor, Dance! The Psychology of Dance Show. Il merito va tutto allo psicologo-ballerino Peter Lovatt, fondatore del centro e tra i primi uomini di scienza a sostenere che le malattie neurodegenerative si possano curare (anche) ballando.

Anche in Italia molti neurologici sono convinti che la malattia di Parkinson si possa curare solo con un approccio multidisciplinare e che i risultati più innovativi ottenuti finora a livello terapico siano proprio il frutto del giusto mix tra farmaci e fisioterapia. Con la danza in particolare, perché il ballo migliora lo stato dell’umore, costringendo il malato a prepararsi, uscire e interagire. E poi ci sono il ritmo, i passi, i tempi: tutto questo aiuta a fortificare la ‘memoria procedurale’. I malati di Parkinson, infatti, perdono la motilità automatica (che rappresenta l’80% circa della motilità generale) e devono quindi ‘volere’ ogni singolo movimento. La fisioterapia per loro è necessaria e va fatta in sedute di quasi un’ora al giorno. Ma purtroppo è noiosa e il ballo è un’ottima alternativa, altrettanto efficace ma più divertente.

Tratto da un articolo di SARA FICOCELLI (LaRepubblica.it)


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